Guido Cavalcanti

Donna me prega


Canzone divisa in 5 stanze ognuna di 14 versi endecasillabi. Questa poesia richiama la tendenza diffusasi in Europa verso la metà del 1200 a interessarsi all'Etica Nicomachea di Aristotele e al relativo commento di Alberto Magno che presenta la problematica del passato: cambiarlo, ricordarlo o dimenticarlo. Di notevole importanza la posizione assunta da Cavalcanti in questo periodo, nei suoi confronti avevano avanzato un sospetto di averroismo già Dante e poi Boccaccio(Dec.VI,9). Quest'ultimo in particolare affermava che Cavalcanti fu un de' migliori loici che avesse il mondo e ottimo filosofo naturale [...] alcuna volta speculando molto abstratto dagli uomini divenia; e perciò ch'egli alquanto tenea della oppinione degli epicuri, si dicea tralla gente volgare che queste sue speculazioni erano solo in cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse, mettendo l'accento proprio su le qualità di logico e filosofo naturale e attribuendogli l'appellativo di epicureo, che a quel tempo stava spesso per averroista. Si trova una raffigurazione di Cavalcanti all'interno di un cimitero circondato da alcuni ragazzi che lo deridevano perché egli non credendo nell'immortalità dell'anima era come se fosse già morto.
Nel formulare il componimento Cavalcanti si fonda, più ancora che sulla tradizionale teoria cortese dell'amore , sulle concezioni elaborate dalla filosofia contemporanea attraverso un intenso dibattito speculativo al centro del quale sono i maestri dell'università di Bologna. Non è perciò arbitrario ipotizzare che egli intrattenesse con lo studium bolognese rapporti , sia diretti sia mediati da numerosi toscani che, come sappiamo, vi studiavano o vi insegnavano . Sembra deporre in tal senso una dedica di Giacomo da Pistoia, magister operante a Bologna, con tutta probabilità medico, in un trattato sulla beatitudine, intitolato Questio de felicitate. In effetti, nella canzone Donna me prega si sono individuate tracce talora consistenti di aristotelismo radicale, il che spiega perché essa, abbia incontrato il consenso dei medici vicini al movimento. Troviamo somiglianze tra questo testo e il Summo Bono di Boezio di Dacia, che opera principalmente a Parigi. Considerando che Guido Cavalcanti, il destinatario, è morto nel 1300 e che Giacomo da Pistoia viene citato nell'anno 1290 in un elenco di studenti famosi dell'Università di Bologna come dominus, cioè non ancora magister, l'opera deve essere stata composta tra queste due date. Era medico anche il primo commentatore del brano suddetto, Dino del Garbo, che aveva studiato a Bologna presso Taddeo Alderotto e che aveva insegnato egli stesso a Bologna e a Siena. Tutti questi sopra citati erano seguaci dell'aristotelismo radicale come Guido Cavalcanti. Dante e Cavalcanti nonostante scrivano in volgare sono soliti leggere testi in latino e per questo motivo è probabile che abbiano letto traduzioni di Aristotele dal greco e dall'arabo. I testi aristotelici che vengono letti sono il De anima e l'Etica Nicomachea, che spiegano i legami tra corpo e anima. Quest'ultima aggiunge poi alle virtù teologali le virtù etiche e dianoetiche, teoretiche e pratiche.
Nella canzone il tema centrale è l'amore, che si trova nella memoria, cioè nell'anima sensitiva. Sono presenti numerosi riferimenti alla dottrina aristotelica e termini tipici del filosofo.

Donna me prega, - per ch'eo voglio dire
d'un accidente - che sovente - è fero

C. si riferisce all'amore tra sostanza e accidente (ciò che non è inerente alla sostanza secondo la definizione aristotelica del termine).
ed è sì altero - ch'è chiamato amore:
sì chi lo nega - possa 'l ver sentire!
Ed a presente - conoscente chero,
perch'io no spero - ch'om di basso core
a tal ragione porti canoscenza :
chè senza - natural dimostramento
non ho talento - di voler probare

Si fa una distinzione tra: natural dimostramento, percezione fisica dell'amore, e probare, mostrare con argomentazione logica.
là dove posa, e chi lo fa creare,

Gli aristotelici affermano che l'amore si trova in una determinata parte dell'anima ; il problema è da dove scaturisce e qual è la sua essenza.
e qual sia sua vertute e sua potenza,
l'essenza - poi e ciascuno suo movimento,
e 'l piacimento - che 'l fa dire amare,
e s'omo per veder lo po' mostrare.

In quella parte - dove sta memora


L'amore si trova nell'anima sensitiva dove è presente anche la memoria.
prende suo stato, - sì formato, - come
diaffan da lume, - d'una scuritate
la qual da Marte - vène, e fa demora;
elli è creato - (ed ha sensato, - nome),

"L'amore è creato", cioè deve la sua esistenza a una causa esterna, il che equivale a riaffermare il suo grado di accidente; e in quanto sensato (cioè percepito dai sensi), ha nome; sensato va inteso come sostantivo (=il sentito, il contenuto della situazione).
d'alma costume - e di cor volontate.
Vèn da veduta forma che s'intende,
che prende - nel possibile intelletto,
come in subietto, - loco e dimoranza.

L'amore procede da una visione di una figura, che viene fatta passare da potenza ad atto, nel senso che si fissa stabilmente nell'intelletto possibile come nel soggetto più atto a riceverla.
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