Lo spazio assoluto, che per la sua natura non sta in
alcun rapporto con oggetti esterni, rimane sempre uguale e immobile; quello
relativo, invece, è una misura o una parte immobile del primo, individuata dai
nostri sensi attraverso la sua posizione nei confronti di altri oggetti e
considerata falsamente come lo stesso spazio immobile.... Poiché le parti di
quest’ultimo non possono essere viste né in genere distinte sensibilmente, noi
assumiamo in loro vece delle misure percettibili e determiniamo tutti i luoghi
secondo la posizione e la distanza di questi da un corpo dato, che consideriamo
come immobile. Anziché di luoghi e di movimenti assoluti noi ci serviamo così
di quelli relativi, il che è
sufficiente per gli scopi pratici; nella teoria scientifica peraltro dobbiamo
prescindere dai sensi (in Philosophicis
autem abstrahendum est a sensibus).
Newton, Philosophiae naturalis principia mathematica
(scolio alla definizione VIII)
Il vero metodo della filosofia è in fondo identico a
quello che Newton ha introdotto nella scienza naturale e che qui si è mostrato
così fecondo di risultati. In questo campo si debbono ricercare, attraverso
esperienze sicure, e tutt’al più con l’aiuto della geometria, le regole secondo
cui determinati fenomeni si svolgono nella natura. Anche se non si riesce a
scorgere la ragione prima di tutto ciò nei corpi, è tuttavia certo che essi
agiscono secondo questa legge; si possono cioè spiegare i complicati
avvenimenti della natura, quando si mostri in modo evidente come essi siano
contenuti e impliciti in queste regole
ben dimostrate. Lo stesso si dica per la metafisica: cercate attraverso una
coscienza immediata ed evidente, gli attributi che certo sono compresi nel
concetto di un qualche stato o qualità generale, e per quanto non verrete a
conoscere l’essenza completa della cosa, pure potrete servirvi di tali
attributi, per dedurne molte conseguenze riguardanti l’oggetto.
Kant, Indagine
sull’evidenza dei principi della teologia naturale e della morale,
1763, II, p. 286.
Nei giudizi intuitivi dell’estensione, quali sono
offerti dalla geometria, sta la garanzia del fatto che lo spazio assoluto ha
una realtà propria indipendentemente dall’esistenza di ogni materia, e anzi in
quanto ragione prima della possibilità della sua composizione.
Kant, Sulla ragione prima della distinzione
dei luoghi nello spazio, 1768
Di qui è chiaro che le determinazioni dello spazio
non sono conseguenze delle posizioni reciproche delle parti della materia, ma
che al contrario queste ultime sono la conseguenza di quelle; nella natura dei
corpi possono cioè essere stabilite delle distinzioni, e delle distinzioni
vere, che si riferiscono semplicemente allo spazio assoluto e originario,
poiché solo attraverso di esso è possibile la relazione di oggetti corporei
(II, p. 383).
Kant non può considerare «il concetto di spazio,
quale è pensato da chi si intende di geometria, e quale è stato accolto nel
sistema delle scienze naturali anche da alcuni filosofi, come un puro oggetto
pensato», ma al tempo stesso egli deve ammettere «che riguardo a questo
concetto non mancano le difficoltà, quando si vuole cogliere con idee razionali
la sua realtà, che si presenta abbastanza intuitiva al senso interno».
Alcuni concetti sono astratti dalle sensazioni; altri semplicemente
derivano dalla legge dell'intelletto, consistente nel paragonare, nel collegare
o nel separare i concetti ricavati da questa astrazione. L'origine di questi ultimi sta
nell'intelletto, dei primi invece nei sensi.
Tutti i concetti della seconda categoria si chiamano concetti
intellettuali puri: conceptus intellectus
puri. Certo, solo in occasione
delle impressioni sensoriali, noi possiamo mettere in movimento questa
attività dell’intelletto, e possiamo apprendere secondo le leggi
dell’intelletto certi concetti sui rapporti universali tra le idee ricavate
attraverso tale astrazione; anche qui vale dunque la regola di Locke, secondo
cui nessuna idea diventa chiara in noi senza l'impressione sensoriale. Tuttavia le notiones rationales sorgono si attraverso le sensazioni, e possono
essere pensate solo se applicate alle idee astratte da queste, ma non si
trovano già nelle sensazioni e non si astraggono da queste; allo stesso modo
nella geometria noi non desumiamo l'idea di spazio dalla sensazione di realtà
estese, per quanto possiamo chiarire tale concetto solo in occasione della
sensazione di oggetti corporei. L'idea
di spazio è quindi una notio intellectus puri che può essere
applicata all'idea, ricavata per astrazione, delle montagne e delle botti (Riflessioni, n. 513)
La filosofia riguardante i concetti dell’intellectus
purus è la metafisica. Essa è, rispetto alla restante filosofia, nello
stesso rapporto in cui si trova la mathesis pura rispetto alla mathesis
applicata. I concetti di esistenza
(realtà), di possibilità, di necessità, di ragione, di unità e di
molteplicità, delle parti, del tutto e del nulla, del composto e del semplice,
dello spazio, del tempo, del mutamento, del movimento, della sostanza e
dell’accidente, della forza e dell'azione, e tutto ciò che appartiene alla vera
e propria ontologia, hanno la stessa posizione dell'aritmetica generale nella
mathesis pura, rispetto al resto della metafisica (Riflessioni,
n. 513)
Tutte le conoscenze umane si possono distinguere in
due classi fondamentali: 1) quelle che sorgono dai sensi e sono chiamate
empiriche; 2) quelle che non sono acquistate attraverso i sensi, ma trovano il
loro fondamento nella natura costante della facoltà pensante dell’anima, e
possono essere chiamate rappresentazioni pure… La forma dei fenomeni si fonda
unicamente sullo spazio e sul tempo, e questi concetti non sorgono affatto
attraverso i sensi o le sensazioni, ma si basano sulla natura dell’animo, secondo
cui le diverse sensazioni possono essere rappresentate attraverso tali
relazioni. Se quindi si elimina ogni impressione sensoriale, il concetto di
spazio e quello di tempo rimangono concetti puri dell’intuizione, e poiché in
essi sta ciò che solo l’intelletto può riconoscere nell’esperienza, essi sono
dunque concetti dell’intelletto. Per
quanto cioè i fenomeni siano empirici, pure tali concetti sono intellettuali.
D’altra parte, le sensazioni e i fenomeni generalizzati non sono concetti
razionali puri, bensì empirici. Se tuttavia si elimina ogni azione dei sensi, i
concetti diventano concetti puri della ragione, come a esempio: possibilità,
sostanza ecc. Di conseguenza, tutti i concetti puri sono intellettuali e
intuitivi, oppure razionali e riflessi. Inoltre tutte le conoscenze sono date o
inventate. La materia della conoscenza non può essere inventata, poiché tale è
soltanto la forma, e nella forma soltanto la ripetizione. In tal modo, ogni
invenzione della ragione riguarda la matematica; per contro la forma data nella
geometria è lo spazio. (Riflessioni, n. 278)
Se la dottrina dello spazio e del tempo si limitasse a affermare che essi sono semplicemente affezioni dell’animo e non condizioni oggettive, essa sarebbe una considerazione sottile, ma poco importante. È invece rilevante l’affermare che tali concetti non debbono essere estesi per tale motivo al di là dei confini della sensibilità. (Riflessioni, n. 417)
Le più universali leggi della sensibilità conservano a torto una grande importanza nella metafisica, dove sarebbero al loro posto unicamente dei concetti e dei principi della ragione pura. La metafisica dovrebbe essere preceduta da una scienza ben definita per quanto soltanto negativa (Phaenomenologia generalis), in cui venissero stabiliti la validità e i limiti per i principi della sensibilità, in modo che essi non possano turbare né confondere i giudizi sugli oggetti della ragione pura, come sinora è avvenuto quasi sempre. Infatti lo spazio, il tempo e gli assiomi, che considerano attraverso i loro rapporti ogni oggetto, sono assai reali rispetto alle conoscenze empiriche e a tutti gli oggetti dei sensi, e contengono veramente le condizioni di tutti i fenomeni e dei giudizi empirici. Se peraltro qualcosa non viene pensato come oggetto dei sensi, ma piuttosto è concepito, attraverso un concetto puro e universale della ragione, come una cosa o sostanza in genere, ecc., risultano allora delle posizioni falsissime, quando lo si voglia sottomettere arbitrariamente e fuori luogo ai concetti fondamentali della sensibilità.
Lettera di Kant a Lambert datata 2 settembre 1770
Sebbene il tempo sia in sé, considerato assolutamente, un ente immaginario, tuttavia, se riferito alla legge immutabile degli oggetti sensibili in quanto tali, esso è un concetto verissimo e una condizione della rappresentazione intuitiva, che si estende all’infinito, attraverso tutti gli oggetti possibili dei sensi. (Dissertatio, sez. III, § 14, n. 6)